Giovedì, 28 Marzo 2024

Nuove norme anti delocalizzazioni

Per garantire la salvaguardia del tessuto occupazionale e produttivo, il datore di lavoro in possesso dei seguenti requisiti:

datori di lavoro che, nell’anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, mediamente almeno 250 dipendenti, che intenda procedere alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività e con licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50, è tenuto a dare comunicazione per iscritto dell’intenzione di procedere alla chiusura alle RSU/RSA nonché alle associazioni sindacali di categoria comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e, contestualmente, alle regioni interessate, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico e all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL).

La comunicazione può essere effettuata tramite l’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce o conferisce mandato.

Sono esclusi dalla comunicazione i datori di lavoro che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e che possono accedere alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.

La comunicazione è effettuata almeno novanta giorni prima dell’avvio della procedura di cui all’articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e indica le ragioni economiche, finanziarie, tecniche o organizzative della chiusura, il numero e i profili professionali del personale occupato e il termine entro cui è prevista la chiusura.

I licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e i licenziamenti collettivi intimati in mancanza della comunicazione o prima dello scadere del termine di novanta giorni sono nulli.

Entro sessanta giorni dalla comunicazione, il datore di lavoro elabora un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura e lo presenta alle rappresentanze sindacali, alle regioni interessate, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico e all’ANPAL.

Il piano non può avere una durata superiore a dodici mesi e deve indicare:

a) le azioni programmate per la salvaguardia dei livelli occupazionali e gli interventi per la gestione non traumatica dei possibili esuberi, quali il ricorso ad ammortizzatori sociali, la ricollocazione presso altro datore di lavoro e le misure di incentivo all’esodo;

b) le azioni finalizzate alla rioccupazione o all’autoimpiego, quali formazione e riqualificazione professionale anche ricorrendo ai fondi interprofessionali;

c) le prospettive di cessione dell’azienda o di rami d’azienda con finalità di continuazione dell’attività, anche mediante cessione dell’azienda, o di suoi rami, ai lavoratori o a cooperative da essi costituite;

d) gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo, anche per finalità socio-culturali a favore del territorio interessato;

e) i tempi e le modalità di attuazione delle azioni previste.

Entro trenta giorni dalla sua presentazione, il piano è discusso con le rappresentanze sindacali, alla presenza dei rappresentanti delle regioni interessate, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico e dell’ANPAL.

In caso di accordo sindacale, si procede alla sottoscrizione del piano, a seguito del quale il datore di lavoro assume l’impegno di realizzare le azioni in esso contenute nei tempi e con le modalità programmate.

In caso di accordo sindacale, qualora il datore di lavoro avvii, al termine del piano, la procedura di licenziamento collettivo, non trova applicazione la contribuzione dovuta dall’azienda all’INPS moltiplicata per tre volte.

I lavoratori interessati dal piano  accedono al programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL). A tal fine i nominativi dei lavoratori coinvolti sono comunicati all’ANPAL che li mette a disposizione delle regioni interessate.

Prima della conclusione dell’esame del piano e della sua eventuale sottoscrizione il datore di lavoro non può avviare la procedura di licenziamento collettivo, né intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.

Il datore di lavoro comunica mensilmente ai soggetti sopracitati lo stato di attuazione del piano, dando evidenza del rispetto dei tempi e delle modalità di attuazione, nonché dei risultati delle azioni intraprese.

In mancanza di presentazione del piano o qualora il piano non contenga gli elementi previsti, il datore di lavoro è tenuto a pagare il contributo Inps, in misura pari al doppio previsto.

La verifica formale in ordine alla sussistenza, nel piano presentato, degli elementi previsti è effettuata dalla struttura per le crisi d’impresa istituita presso il Mise

In caso di mancata sottoscrizione dell’accordo sindacale, il datore di lavoro è tenuto a pagare il contributo previsto, aumentato del 50%.

In caso di mancata sottoscrizione dell’accordo sindacale, qualora il datore di lavoro, decorsi i novanta giorni, avvii la procedura di licenziamento collettivo, non trova applicazione il previsto esame congiunto da tenersi nei 45 giorni previsti.

p. Fiom-Cgil nazionale

Michele De Palma – Mirco Rota

Roma, 20 gennaio 2022

 

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La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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