I sindacati Stellantis italiani insorgono

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Pubblichiamo la traduzione dell'articolo uscito oggi, mercoledì 9 marzo, sulle pagine de Le Figaro a firma di Valérie Segond che riporta il punto di vista della Fiom-Cgil sulla situazione degli stabilimenti Stellantis in Italia.

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A una settimana dalla presentazione del Piano 2030 da parte di Carlos Tavares, noi chiediamo un dibattito interno sull'argomento.

«Stiamo ancora aspettando i progetti concreti e i modelli che verranno assemblati nelle fabbriche italiane» Francesca Re David, segretaria FIOM-CGIL

Il piano 2030 di Steliantis, presentato il 1° marzo dal suo direttore generale Carlos Tavares, era molto atteso in Italia. Le fabbriche dell'ex Fiat funzionano a un terzo della loro capacità e la cassa integrazione è diventata così massiccia – doppia prima della pandemia – che la situazione sembra insostenibile agli occhi di tutti. Se i sindacati italiani, la  FIM-CISL e la FIOM CGIL in testa, riconoscono l'ambizione del management sull'elettrificazione dei veicoli e sullo sviluppo del gruppo, si aspettavano molto di più. Speravano di capire finalmente il piano industriale di Stellantis e il posto che ricopriranno le fabbriche italiane.

«In questi stabilimenti non c'è fiducia nel futuro perché non c'è ancora un piano industriale che preveda un aumento dei volumi prodotti, denuncia Francesca Re David, segretaria della Fiom-Cgil, che negli stabilimenti organizza le assemblee dei dipendenti. L'annunciata crescita dei ricavi non significa necessariamente un aumento del numero di auto prodotte. Siamo ancora in attesa di progetti concreti e modelli che verranno assemblati nelle fabbriche italiane. Che vivono ancora del piano 2018, incentrato su veicoli premium che non hanno volumi elevati”. Infatti la produzione italiana è passata da oltre un milione di veicoli nel 2017 a 673.500 nel 2021.

«Anche perché, prosegue la segretaria della Fiom-Cgil, quando Tavares annuncia che sarà l'evoluzione del mercato a determinare l'utilizzo delle fabbriche italiane, senza proporre nuovi modelli per rilanciarle, abbiamo motivo di essere preoccupati».

Garanzie occupazionali

Il tono è lo stesso nel FIM CISL. “Non basta annunciare 100 lanci di auto nuove entro il 2030 e l'obiettivo di triplicare i ricavi delle vetture di fascia alta e di lusso di Maserati, Alfa Romeo, Lancia e DS, sottolinea il sindacato. Occorre capire quali lanci di nuovi prodotti sono previsti negli stabilimenti italiani, quanti e quando”.

Mentre Carlos Tavares ha incontrato solo una volta i sindacati italiani, questi chiedono un vero dibattito interno su piano industriale, ricerca e sviluppo, componenti e servizi e, infine, sulla giga-factory o le batterie che verranno prodotte a Termoli. I due sindacati vogliono garanzie sull'occupazione, anche se sanno che, secondo Francesca Re David, «con l'auto elettrica ci saranno enormi riduzioni».

Ma criticano anche il governo italiano per il suo debole sostegno al settore, che dà lavoro a 250.000 persone, di cui 47.000 dentro Stellantis, nel passaggio all’elettrico. Sebbene abbia previsto di stanziare 8,7 miliardi di euro entro il 2030 per sostenere la domanda, non ha messo in atto una politica industriale a tutela delle fabbriche. Questo giovedì, 10 marzo, è in programma un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico con i sindacati e il management europeo di Stellantis. Ma i primi temono che il futuro della giga-factory sia l'unico argomento di discussione. «Non possiamo continuare ad affrontare un solo tema alla volta, quando abbiamo bisogno di visibilità sull'intera strategia industriale», denuncia Francesca Re David.

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