«Stellantis chiarisca i piani sulla transizione elettrica. Le fabbriche sono a rischio»

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Intervista a Michele De Palma sul Corriere della Sera di Fabio Savelli

«Abbiamo bisogno nel minor tempo possibile di un accordo con governo e i vertici di Stellantis sulla transizione industriale verso l'elettrico. Un'intesa che garantisca almeno gli attuali livelli occupazionali in Italia, che favorisca il turn-over tra chi va in pensione e i più giovani dopo dieci anni di cassa integrazione che ha bloccato le nuove assunzioni. Che coinvolga università e centri di formazione anche sull'analisi di mercato dei servizi accessori. Come l'utilizzo delle auto tramite canone, la nuova modalità di consumo». Michele De Palma, responsabile auto di Fiom Cgil, è preoccupato. A pochi giorni dall'incontro tra sindacati e i vertici di Stellantis - per la verità non ancora convocato - esprime i suoi dubbi sul processo d'integrazione tra Fiat-Chrysler e Psa e sul suo impatto nel Paese.

Quali i nodi principali? 

«Tutti gli impianti vivono di ammortizzatori sociali, se si eccettua quello della Sevel a Val di Sangro che produce veicoli commerciali leggeri. Significa una riduzione strutturale del salario di tutti i lavoratori. A Grugliasco il mese di giugno lo passeranno con la cassa a zero. Cassino viaggia ai minimi della capacità: che tipo di strategia ha Stellantis per l'Alfa Romeo visti i volumi in picchiata? Perché il nuovo suv della Maserati non sarà in grado di garantire la piena occupazione. A Pomigliano non è ancora partita la produzione del Tonale, la cui data di lancio sta slittando, e la cassa integrazione ha un'incidenza fortemente negativa per i lavoratori con ridotte capacità. A Mirafiori i volumi della nuova 500 elettrica sono lontani dagli obiettivi. E poi c'è il caso Melfi, su cui non siamo intenzionati ad arretrare di un centimetro».

L'azienda sta pensando ad accorpare tutto su un'unica linea produttiva. Che cosa significherebbe? 

«La riduzione strutturale della capacità installata. Melfi pesa la metà dei volumi italiani di auto di Stellantis. Se l'ipotesi fosse confermata si aprirebbe uno scenario di scontro con i sindacati. Non siamo disposti ad accettare che con la cancellazione di una linea, la produzione della 500X, della Renegade e della Compass transiti sulla stessa linea. Verrebbe meno il presupposto di partenza confermato da Carlos Tavares: cioè garantire l'attuale capacità installata che a regime fa un milione e mezzo di veicoli all'anno». 

Ma siamo a 800mila anche per colpa dell'incertezza generata dalla pandemia 

«Appunto. Uno dei punti del confronto con Stellantis e col governo è che tipo di transizione stiamo costruendo. Serve uno stabilimento che produca le batteria perché sarebbe una verifica indiretta dei volumi. Non si possono tenere all'oscuro i lavoratori. Ancora oggi non c'è un tavolo che ci permetta di capire quali scelte stia facendo l'azienda. Ci arriva solo il tema della riduzione dei costi. Ma è chiaro che con volumi ridotti al minimo i costi-Paese sono più alti. Invece dobbiamo costruire una filiera delle batterie anche per tutelare le aziende di componentistica. Lo Stato ha garantito a Fca 6,3 miliardi di prestito. Dicono che la condizionalità fosse il mantenimento dell'occupazione fino al 2023. Dopo che succede?».

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