Renzi, la Fca e Melfi

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Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha annunciato che il 28 maggio farà visita alla FCA di Melfi.

In un tweet ha scritto che vuole “vedere in faccia le persone che sono state assunte”.

Si sa che il premier utilizza molto bene la comunicazione a fini di propaganda. Non è il primo uomo politico a farlo, del resto, nella storia del nostro Paese.

Sarebbe importante, per il ruolo istituzionale che ricopre, che quelle persone le ascoltasse, oltre a guardarle. E che cogliesse l’occasione per dire loro, innanzitutto, quando saranno realmente assunte dall’azienda, visto che ci sono le condizioni produttive per farlo e che oggi hanno tutte un contratto di lavoro di somministrazione.

Allora facciamo noi una proposta a Renzi: il 28 non si limiti ad un “giro di campo” con l’amministratore delegato, ma incontri tutte le organizzazioni sindacali (quindi anche la Fiom, volutamente tenuta fuori dalle relazioni sindacali nel Gruppo) insieme ad una delegazione ampia di lavoratrici e lavoratori (somministrati e non) per discutere, liberi da condizionamenti aziendali, sulle reali condizioni di lavoro in fabbrica.

Potrebbe essere utile per lui ascoltare i problemi dei lavoratori dalla loro viva voce; raccoglierne i diversi punti di vista; registrarne le critiche e le aspettative. Potrebbe chiedere loro, ad esempio, come vivono il passaggio ai venti turni, come è cambiata la loro vita e quella delle loro famiglie; e potrebbe dire loro cosa pensa il Presidente del Consiglio dei Ministri del fatto che anche il 2 giugno, festa della Repubblica, devono venire, perché comandati, al lavoro.

Speriamo di sbagliarci, ma temiamo, invece, che la sua sarà una passerella elettorale finalizzata a dire al resto del mondo che sta fuori dalla fabbrica che si può lavorare solo come si sta facendo a Melfi: la “matta” nelle mani delle aziende, libere di decidere a quali condizioni si lavora, quando si e quando no; e di determinare come si retribuisce il lavoro, cioè con un salario totalmente variabile, legato agli utili aziendali, che non rivaluta la paga base e gli istituti ad essa collegati. Con lo Stato che finanzia assunzioni che si riveleranno a precarietà crescenti, perché autorizza i licenziamenti senza giustificato motivo in cambio di un po’ di soldi. Come jobs act comanda.

A costo di essere definiti anche noi con l’appellativo di gufi, continuiamo a credere che la realtà non possa essere ridotta ad un tweet. La Fiom è sempre stata e sarà sempre da una parte sola: quella dei lavoratori e dei loro diritti.

 

La Fiom Cgil Basilicata

 

Potenza, 27 maggio 2015

 

Fonte: www.somministratimelfi.it