Venerdì, 29 Marzo 2024

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Nuovi voucher: la truffa e l'inganno

maurizio landini voucher

 

La vicenda dei voucher illustra alla perfezione il pessimo stato del lavoro dipendente in Italia e la scarsa considerazione che ne ha la nostra classe dirigente, in particolare il governo; anzi, i governi, vista la continuità con cui si sono mossi gli ultmi esecutivi in materia di relazioni sociali e lavorative.

Chiunque viva di lavoro – in tutte le sue forme, da quelle regolamenate a quelle più precarie – sa bene come i voucher abbiano portato al massimo livello la mercificazione della prestazione lavoratova. Nella forma introdotta dal Jobs Act – che ne aveva esteso a dismisura l'utilizzo – i voucher sono stati cancellati per evitare che il popolo italiano si esprimesse con un voto nel referendum indetto su iniziativa della Cgil, un voto che sarebbe stato anche un giudizio chiaro sul governo e sulla sua politica economica e sociale. L'esecutivo ha preferito cancellarli per evitare una nuova “botta” referendaria, dopo quella del 4 dicembre scorso, salvo reintrodurli - in forma sotanzialmente analoga – inserendoli nella cosidetta manovrina economica e farli approvare dal Parlamento sotto il ricatto del voto di fiducia. Ancor prima che per il merito si è trattato di un insulto alla volontà popolare: un atto pericoloso e antidemocratico anche in prospettiva, perché prelude a un futuro in cui qualunque governo potrebbe cancellare una legge per evitare il giudizio referendario e poi riproporne qualche giorno dopo i contenuti con una nuova legge. Quanto al merito, i “nuovi voucher” di diverso dai vecchi hanno il nome – ora si chiamano “buoni” per famiglie e imprese - e poco più. Infatti potranno essere usati non soltanto per il lavoro domestico ma soprattutto nelle imprese fino a cinque dipendenti, che sono la maggioranza delle aziende italiane; la copertura previndenziale cresce in maniera quasi irrilevante, i controlli sulle prestazioni in nero e i vincoli sui massimi di retribuzioni e tempi sono facilmente eludibili.

Questa nuova violenza ai danni di chi per vivere deve lavorare è stata giustificata con l'esistenza di un presunto “vuoto normativo” che avrebbe paralizzato mezza Italia: una grossolana bugia, come ben spiegato anche dalla Corte costituzionale. Le imprese già oggi dispongono di strumenti normativi, che hanno avuto discipline apposite nell'ambito dei contratti collettivi: la somministrazione di lavoro, il lavoro a chiamata con o senza indennità di disponibilità, il part time orizzontale, verticale e misto, la surroga e l'extra. Strumenti che già garantiscono la flessibilità necessaria e che sono al tempo stesso – a differenza dei voucher - strumenti contrattuali.

Contro questa truffa e questa nuova svalorizzazione del lavoro la Cgil continuerà a battersi, a partire dalla manifestazione del 17 giugno: perché la partita non è chiusa, come non lo era quella del Jobs Act anche dopo il suo varo parlamentare. Il nostro obiettivo rimane quello di cancellare leggi ingiuste come questa, garantire ed estendere i diritti del lavoro.

E' questo l'impegno dei nostri prossimi anni: ricostruire e aggiornare quel tessuto di regole e garanzie che negli anni '70 era stato codificato nello Statuto dei lavoratori, che è stato progressivamente smantellato dall'ideologia della flessibilità e che oggi abbiamo raccolto nella “Carta dei diritti universali del lavoro”, firmata da milioni di cittadini – insieme alla richiesta per i referendum contro voucher, per la regolamentazione degli appalti e il nuovo articolo 18.

Una nuova “Carta” del lavoro che è stata proposta al giudizio e al voto del Parlamento con una legge d'iniziativa popolare.

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La Fiom è il sindacato delle lavoratrici e lavoratori metalmeccanici della Cgil

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