Un sindacato indipendente nella Turchia di Erdogan

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Intervista a Eyup Ozer, segretario internazionale del Birlesik Metal-Is (Sindacato unitario dei metalmeccanici), una delle organizzazioni che fanno parte della confederazione sindacale di sinistra Disk

 

La scorsa settimana importanti politici del partito di sinistra Hdp sono stati arrestati, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan sembra essere sulla strada di una dittatura. Come reagiscono i sindacati turchi a questo sviluppo?

In Turchia ci sono tre diverse confederazioni sindacali: Türk-Is, Hak-Is e la confederazione dei sindacati progressisti, Disk. Türk-Is e Hak-Is sono estremamente filo-governativi e si comportano in modo molto conforme. Usano una retorica nazionalista, anche per tenere insieme la loro base e incanalare il disagio rispetto alle loro strutture antidemocratiche. E sperano di riuscire a costruire in questo modo un buon rapporto con il governo.

Disk, invece, è indipendente dai partiti politici e dal governo. Noi sosteniamo il movimento democratico in Turchia e per questo condanniamo con tutta la forza possibile gli arresti dei politici dell‘Hdp. Difendiamo il diritto fondamentale di tutte le persone di poter decidere autonomamente sulle proprie rappresentanze. Ma il clima sociale in Turchia è caratterizzato dalla paura, la società è caduta in una paralisi da shock. Le persone sono così scioccate degli eventi, che fino ad ora a nessun attore dell’opposizione è riuscita una mobilitazione di piazza.

Ci sono state azioni di solidarietà da parte di lavoratori e sindacati con i parlamentari arrestati?

Domenica c’è stata una manifestazione spontanea impressionante da parte di lavoratori edili, prevalentemente curdi, dell’impresa edile Emaar nel quartiere di Üsküdar a Istanbul. Esempi del genere fino ad ora si sono verificati in modo molto sporadico, ma sono molto importanti perché danno coraggio anche in altri posti ai lavoratori che non sono disposti ad accettare le cose così come stanno.

La Sua organizzazione si prepara a una possibile repressione nei confronti di sindacalisti?

È ben possibile che gli attacchi contro di noi continueranno ad aumentare. Perché il governo Erdogan al momento attacca chiunque gli si opponga. Lo stato di emergenza dà ai poliziotti una fiducia in sé del tutto nuova, intervengono drasticamente perfino contro le proteste piccole. Credono che ora possano permettersi di tutto. Per esempio la scorsa settimana sono entrati in sciopero lavoratori di una piccola impresa perché 60 loro colleghi erano stati licenziati per la loro appartenenza al sindacato. Quando hanno manifestato davanti alla fabbrica, sono stati attaccati dalla polizia. Il presidente del gruppo locale di Disk e diversi lavoratori sono stati arrestati.

Il governo dice: “Da che parte state? Decidete di stare dalla nostra o siete nostri nemici e vi distruggeremo”. Staremo a vedere chi sceglierà la via dell’adeguamento per comprarsi un buon rapporto con il governo e chi si deciderà per l’opposizione e la resistenza, anche se per questo rischia la repressione. Anche la mia organizzazione si trova di fronte a questa domanda. Io spero che scelga la seconda via.

Cosa possono fare i sindacalisti europei per sostenere i loro colleghi in Turchia?

La legislazione rende più difficile il lavoro sindacale. Per questo per noi è difficile vincere conflitti con imprese multinazionali senza avere appoggio dall‘estero. La Germania è uno dei maggiori investitori in Turchia. Noi abbiamo fabbriche di molti gruppi tedeschi – nel settore metalmeccanico, per esempio Man, Mercedes, Bosch (anche l’Italia, ad esempio, con imprese del gruppo Leonardo Finmeccanica come Selex, Tai, ES Elektronik Turkey. Ndt). Se organizziamo queste fabbriche, per noi è importante avere contatti con i nostri colleghi negli altri paesi europei. Ci possono aiutare a ottenere il riconoscimento del sindacato all’interno delle aziende e a imporre alle imprese il rispetto degli standard sociali minimi.

Allo stesso tempo la Turchia è un partner commerciale centrale dell‘Europa. Per questo l’opinione pubblica e la classe lavoratrice in Europa hanno un grande strumento di pressione quando dicono: “O in Turchia vengono rispettati i fondamentali diritti umani e del lavoro, o vengono disdettati gli accordi commerciali”. Da questo traggono profitto anche i lavoratori europei perché il mancato rispetto dei diritti umani in Turchia permette ai grandi gruppi di produrre a costi estremamente bassi e questo mette in pericolo i posti di lavoro in Europa.

 

*** www.jungewelt.de/2016/11-10/005.php 

(traduzione di Sveva Haertter)

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