Tre privilegi per una vita: comunista, femminista, fiommina

Stampa

sabina petrucci

 

Questo è il mio ultimo intervento al mio ultimo Comitato centrale: sono riuscita finalmente ad andare in pensione dopo 42 anni di contributi e 41 di iscrizione e militanza nella Fiom.

Come noterete c'è una differenza di un anno tra il lavoro e l'iscrizione alla Fiom. Non certo per confusione o indecisione alla scelta del mio sindacato visto che avevo già in tasca la tessera del Pci, ma semplicemente perchè ho avuto due contratti a tempo determinato: anche allora la tessera della Fiom significava discriminazione e dunque il rischio di rimanere a casa. In quell'anno di rpecariato ho dovuto dunque tacere e lavorare, anche durante gli scioperi generali. Ne ricordo due, perchè mentre andavo piangevo. L'umiliazione della mia dignità e della mia libertà è stata indimenticabile. Ho giurato a me stessa che il mio lavoro doveva servire affinchè nessuno potesse essere più umiliato. Poi, appena confermata al lavoro, fui eletta nel Consiglio di fabbrica.

Ho avuto una vita familiare difficile e complicata. Ma come spesso accade il destino ha voluto ripagarmi garantendomi dei privilegi primo fra tutti quello di aver vissuto in una fase politica e sociale irripetibile. In questo privilegio di fondo ne ho ricevuti altri tre fondamentali che hanno segnato la mia vita.

Il primo è aver avuto sin da giovanissima la possibilità di frequentare una famiglia che si chiama Ingrao Lombardo Radice che ha rappresentato per me la solidità politica - del resto mi sono iscritta giovanissima al PCI perchè c'era Ingrao – ma non solo.

Il secondo privilegio è stato l'incontro con il femminismo che ha fatto di me una donna libera e responsabile attraverso la pratica della relazione tra donne. Il femminismo sindacale ha rappresentato una delle pagine più importante del sindacalismo, sono contenta che oggi una parte dell'intellettualità femminista riproponga analisi che noi elaborammo tanti anni fa.

E questa pratica non mi ha mai abbandonato, sebbene oggi molte cose siano opposte alla mia pratica comprese le pari opportunità. Trovo che mai come oggi le donne nel sindacato siano meno libere, subalterne alla politica maschile che oggi le contrappone più di ieri le une contro le altre rafforzando una logica di fedeltà al potere annullando l'agire di una politica delle donne e di messa in discussione dell'organizzazione e della sua rappresentanza.

Come sapete la pratica di libertà e responsabilità ha contrassegnato sempre il mio lavoro. Ne ho pagato i prezzi, ritenuti da me sempre prezzi politici e mai personali come nel '91 anno in cui il congresso della Cgil si svolse tutto sull'accordo separato alla Zanussi subito dalla Fiom, quando gli accordi separati non erano neanche all'orizzonte. Chiesero le nostre teste, la mia e quella della compagna Mecozzi, le ebbero. In quella battaglia politica c'era un accanimento in più del potere, la trasgressione di due donne che non avevano chiesto a nessuno il permesso di subire un accordo separato.

Per entrare in una segreteria dovetti aspettare Claudio Sabattini che mi propose di andare a Bologna dove ho fatto una delle esperienze più ricche, importanti, gratificanti della mia vita sindacale.

E qui entra in campo il terzo privilegio della mia vita, l'incontro con la Fiom che non è stata una scelta ma una passione.

Mi ero innamorata dei metalmeccanici da quei treni per Reggio Calabria del 1971. La classe operaia che si faceva stato e andava a dimostrare nella terra dei “boia chi molla” quale era il senso della libertà, della democrazia, della lotta, della solidarietà, dell'antifascismo.

La Fiom è stato il luogo dove non bastavano le parole ma era la pratica che faceva la differenza.

E' un luogo molto identitario e per me che non ne avevo uno familiare ha rappresentato il punto di equilibrio della mia vita, la possibilità di onorare quel giuramento fatto con me stessa nel primo anno di schiavitù lavorativa e anche di agire una pratica individuale e collettiva che riscattava la gente comune come me.

Sento di dover ringraziare la Fiom per avermi concesso il privilegio di svolgere la mia attività dentro la categoria. Virtù forse un po' obbligata anche dal fatto che una come me non la voleva nessuno in nessuna categoria.

Ho tentato di fare il mio lavoro al meglio e spero di esserci riuscita, di sicuro l'ho fatto con ostinazione, trasparenza, onestà senza alcun opportunismo politico e personale.

A voi care compagne e compagni vi ringrazio tutti per avermi dato il privilegio di lavorare con voi.

Ma prima di salutarvi ho anche il dovere di farvi un augurio data la fase difficilissima, in cui dovrete prendere decisioni, fare scelte, scegliere la strategia. Tanto più che vedo oggi confermato ancora di più il giudizio sulla nostra confederazione che ci ha diviso dalla maggioranza di voi al congresso. E lo vedo confermato su due questioni: il documento della Cgil sulla conferenza di organizzazione e la strategia contrattuale

Il documento della Cgil oltre a contenere una critica al segretario della Fiom non politica ma di costume (troppo mediatico) che trovo inaccettabile proprio come donna perchè è sul costume, nei contenuti è una specie di Italicum sindacale ovvero il controllo totale del gruppo dirigente e della burocrazia sulle modalità di rappresentanza e elaborazione delle decisione. Viene inoltre abolito praticamente il diritto al dissenso o all'alterità visto che la possibilità di fare una candidatura alternativa pur continuandola a chiamare autocandidatura è subordinata a una percentuale enorme di firme (15%) di questa ipotetica assemblea il cui controllo ovviamente è nelle mani delle strutture e non dei delegati.

La strategia contrattuale vede la chiusura di contratti come quello del commercio dove non è stato né richiesto né ipotizzato un ritiro della firma, ma viene presentato come modello. Mi permetto di dire che sul contratto del commercio non si può parlare di scambio, perchè quei lavoratori ma soprattutto quelle lavoratrici si sono pagate tutto loro con l'aumento dell'orario e soprattutto la perdita dell'indennità di straordinario. Se si fosse ancora un sindacato negoziale che stabilisce costi e guadagni, oneri e onori, si potrebbe dire che se li sono strapagati quegli 85 euro in 4 anni e contemporaneamente si sono peggiorate le condizioni.

Con questi due atti quasi contemporanei mi sento di dire che anche la battaglia contro il Jobs act è finita perchè totalmente senza credibilità agli occhi della gente.

Quindi cari compagni e compagne come spesso accade ci sono due strade: adeguarsi e orientarsi verso qualche emendamento oppure praticare cose completamente diverse

Sono ottimista perchè in questa era di nuova schiavitù e di conformismo politico, le persone che lavorano hanno bisogno di un sindacato conflittuale e di classe. C'è un grande spazio per la Fiom in questa lotta per la liberazione così come è difficile ma possibile mantenere quegli “orizzonti comunisti” di cui parlava Ingrao. .

So che queste parole possono sembrare cose dell'800, ma io le trovo molto attuali e sicuramente più concrete del vuoto pneumatico attuale mascherato per modernità o cambiamento.

Là dove farete questo, la dove ci sia anche una sola bandiera della Fiom, una lotta, un conflitto di lavoratrici e lavoratori, io sarò con voi.

Mentre venivo stamane mi venivano in mente quelle frasi un po' retoriche tipo oggi si chiude una pagina....... Bè, compagne e compagni, io chiudo un libro e auguro a tutti voi di riuscire a sciverne uno come il mio.

Buon lavoro a tutte e tutti

 

*Intevento di saluto al Comintato centrale della Fiom del 15 aprile 2015