Pensioni e ammortizzatori, non dobbiamo fermarci

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Sulla previdenza e per gli ammortizzatori sociali dobbiamo rimanere in campo

di Francesco Bertoli, segretario generale Fiom-Cgil Brescia

 

In queste settimane nelle aziende metalmeccaniche bresciane sono stati indetti gli scioperi contro la posizione assunta dal Governo, e successivamente da Confindustria, in relazione alla definizione della Legge di Stabilità per il prossimo anno, in particolare per gli aspetti che riguardano la previdenza e più in generale il lavoro. Venerdì 1 dicembre è stato dichiarato dalla Fiom di Brescia lo sciopero generale territoriale sugli stessi argomenti e nella giornata del 2 dicembre la Cgil ha convocato cinque manifestazioni a livello nazionale per gli stessi temi e per ribadire la contrarietà nei confronti dell’azione del Governo e per annunciare che la mobilitazione deve continuare per poter avere risposte adeguate ai problemi posti.

 

Per quanto riguarda i temi della previdenza, Cgil Cisl Uil hanno predisposto da tempo una propria piattaforma unitaria e hanno aperto un confronto con il Governo già dal 2016, definendo un primo pacchetto di interventi che sono stati inseriti nella Legge di Stabilità dello scorso anno e hanno condiviso con il Governo stesso che il confronto continuasse anche sul 2017 perché altri argomenti non erano stati affrontati e definiti nel 2016. Il Governo non ha però rispettato quanto condiviso sul 2016, infatti, i decreti per Ape sociale e Precoci, che dovevano essere pubblicati entro il mese di febbraio 2017, sono stati pubblicati nel giugno 2017, con la possibilità di poter fare le domande per l’accesso entro la metà del mese di luglio 2017. Le domande presentate sono state respinte con una percentuale complessiva del 70%, per quanto riguarda le domande per i lavoratori precoci la percentuale delle domande respinte ha sfiorato l’80%.

Sono poi stati presentati i ricorsi, che però hanno di nuovo avuto una alta percentuale di respinta.

Pertanto, non solo abbiamo assistito al fatto che il Governo si è mosso molto in ritardo, ma abbiamo altresì avuto occasione di verificare come, tramite gli aspetti burocratici, per i lavoratori non sono arrivate le risposte in merito alle uscite anticipate, che pure erano alla base della cosi detta fase uno del confronto Governo – Organizzazioni sindacali.

Nel 2017 l’Istat ha comunicato che l’aspettativa di vita è aumentata di cinque mesi e in questo caso sì il Governo si è mosso nell’immediato, dichiarando che anche l’età di uscita con pensione di vecchiaia e i contributi per l’uscita anticipata dovevano aumentare della stessa quantità, spostando le uscite dal 2019 a 67 anni di età per la vecchiaia e a 43, 3 anni (uomini) – 42,3 anni (donne) per l’uscita anticipata.

La richiesta avanzata dalle Organizzazioni sindacali di fermare questo meccanismo e di non procedere con l’innalzamento dell’età pensionabile non è stata accolta dal Governo che ha ribadito che il nucleo della Legge Monti – Fornero non può essere modificato e che il meccanismo dell’innalzamento dovrà continuare anche per i prossimi anni, escludendo alcune limitate categorie, dividendo così un'altra volta i lavoratori.

 

Come Fiom abbiamo più volte sottolineato che la discussione attuale avviene con già definito le uscite a 66 anni e 7 mesi per la vecchiaia e a 42 , 10 anni (uomini) – 41, 10 anni (donne) per l’uscita “anticipata”, che ci sembrano già delle condizioni pesanti per le lavoratrici e per i lavoratori, figuriamoci che queste condizioni saranno nel breve oggetto di interventi peggiorativi e che saranno ulteriormente destinate a peggiorare.

 

Accanto alla vicenda che riguarda l’età/contributi per le uscite è aperta la discussione su quanto percepiranno i lavoratori quando raggiungeranno i requisiti pensionistici. È utile ricordare che dal 2012 tutti hanno il calcolo contributivo. Coloro che avevano almeno 18 anni di contributi nel 1995, hanno il calcolo retributivo fino al 2011 e poi dal 2012 il calcolo contributivo, mentre chi non aveva i 18 di contributi nel 1995, il calcolo contributivo partiva già da allora, utilizzando il calcolo retributivo sol per gli anni lavorati fino al 1995. Nel 2022 avremo già le prime pensioni calcolate con il sistema misto e avremo la dimensione di quanto i lavoratori perderanno in termini economici rispetto al calcolo retributivo, successivamente, la parte retributiva del calcolo misto diminuirà fino ad avere tutta la pensione calcolata con il sistema contributivo. Le stime relative a questo sistema prevedono che la pensione sarà attorno al 50 - 55% dell’ultimo stipendio. In sintesi, si lavorerà e si verserà di più e si avrà meno pensione.

Non sono in assoluto delle novità, ma le discussioni aperte con il Governo erano appunto indirizzate a modificare queste norme e a determinare delle condizioni migliori su tutti i punti. Il Governo in due anni ha dato ben poche risposte e non mantenuto neanche quel poco che aveva concordato.

La Fiom e la Cgil hanno ritenuto di indire delle iniziative per contrastare la posizione del Governo e di continuare nella mobilitazione nei confronti dell’attuale Governo e di essere così già campo anche nei confronti del Governo che sarà determinato dalle elezioni dei prossimi mesi per impedire innanzitutto l’innalzamento delle uscite pensionistiche che avverrà nel gennaio 2019.

 


 

FOTO della mobilitazione del 2 dicembre

 

 

Contromanovra: il 2 dicembre mobilitazione nazionale [volantino Fiom]

Contromanovra. Cambiamo le decisioni del governo [volantino Fiom]

 

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