Lanciata la campagna contro il TTIP da 60 associazioni in Europa

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A quasi 20 anni di distanza dall’AMI (accordo economico internazionale del 1995) che conteneva come principio quello di creare un insieme di nuovi diritti per le multinazionali che avrebbero scavalcato ed annullato l’autonomia degli Stati e delle popolazioni (le multinazionali potevano fare causa ad uno Stato se le leggi dello stesso avessero creato condizioni di concorrenza sleale tra cui c’erano sia la protezione ambientale o addirittura le sovvenzioni ai settori culturali e all’educazione pubblica) ci risiamo.

Quel tentativo fu respinto non solo grazie al governo Jospin che uscì unilateralmente dai negoziati facendoli di fatto saltare ma anche grazie ad una mobilitazione della società civile che impedì la prosecuzione di tali negoziati.

Con la modifica dell’articolo 133 del Trattato di Amsterdam, si è dato potere alla Commissione Europea di poter trattare futuri accordi multilaterali al posto degli Stati.

Detto fatto. I cittadini Europei e le loro organizzazioni si sono trovati davanti a trattative segrete sul TTIP (Trattato di libero commercio transatlantico) tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti.

Il TTIP coprirebbe regioni che rappresentano il 60% del PIL globale, il 33% di libero commercio e il 42% di servizi.

I negoziati sono segreti benché nessuna delle materie sia di origine militare.

Si capisce perché nel momento in cui si scopre il cuore del trattato: le legislazioni in vigore nell’Unione Europea e negli Stati Uniti dovranno rispettare le regole del libero scambio stabilite per le grandi imprese multinazionali delle due coste dell’Atlantico.

I paesi che non si allineeranno saranno sanzionati, sia nelle loro relazioni commerciali sia attraverso risarcimenti giganteschi sentenziati non da tribunali ordinari ma da tribunali speciali creati appositamente.

La strategia è chiara: si tratta per le grandi industrie e la finanza di mettere a tacere gli Stati una volta per tutte e di impedire che le leggi, il diritto metta un qualsiasi impedimento al profitto. E questo su un mercato transatlantico di 800 milioni di consumatori. A questo va aggiunto che non c’è la disponibilità degli Stati Uniti di accettare le convenzioni OIL (solo due ne sono state ratificate).

Di fronte a questa situazione la società civile si sta organizzando e reagendo. Anche a livello sindacale sono sempre più numerose le prese di posizione e le discussioni. La IG Metall, il più grande sindacato del mondo) ha chiesto per nome del suo Presidente Detlef Wetzel lo stop dei negoziati.

E’ nata una campagna di associazioni di società civile a cui la FIOM aderisce per organizzare una partecipazione ampia dei cittadini e dei lavoratori affinché non solo si dia trasparenza delle materie da trattare ma si fermino tali negoziati che rischiano di portare l’Europa in una stagione di privatizzazioni e abbassamento degli standard sociali.

 

LE CRITICHE PIU’ SOSTANZIOSE AL TRATTATO

 

Mancanza di trasparenza, l’assenza di partecipazione democratica sia nei contenuti che nel mandato negoziale e mancanza di controllo democratico sulla conduzione

 

Il timore di uno svuotamento della democrazia e dello stato di diritto; le imprese private straniere potranno in futuro citare per danni gli Stati davanti a tribunali arbitrari e privati, con dibattiti a porte chiuse e chiedendo risarcimenti per i danni causati da leggi varate dagli stessi Stati che ne possano diminuire i profitti.

 

Spalancano le porte alle privatizzazioni, gli accordi intendono agevolare le imprese multinazionali private nel fare profitti a spese della collettività nei servizi di fornitura d’acqua, nella sanità, nell’istruzione, nei trasporti.

 

Possono mettere in pericolo la nostra salute e l’ambiente; ciò che è legale negli Stati Uniti e in Canada diventerebbe legale anche nella UE, aprendo la strada al fracking, agli alimenti geneticamente modificati e alla carne trattata con gli ormoni. Si indeboliscono così le norme standard e l’agricoltura di piccola scala dando più potere alla grande industria agricola.

 

Possono abbassare gli standard sul lavoro e i diritti conseguenti. Il sindacato, i diritti sindacali

(diritto di sciopero?) potrebbero essere considerati intralcio alle imprese.

 

Sono praticamente irreversibili, una volta decisi i trattati non potranno più essere modificati essendo indispensabile l’assenso di tutti i partner contrattuali per ogni eventuale modifica e quindi nessun paese sarebbe in grado unilateralmente di recedere all’adesione essendo stipulato dall’UE.

 

Ufficio Europa Fiom nazionale

 

Roma, 28 maggio 2014