Martedì, 12 Novembre 2024

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L'establishment illiberale dell'Europa

Yanis Varoufakis

 

Il 25 marzo i leaders europei si sono riuniti a Roma nel luogo di nascita del “progetto europeo” per celebrare il 60esimo anniversario del Trattato di Roma. Ma esattamente, cosa c'era da celebrare?

Stavano rivelando la disintegrazione dell'Europa che ora chiamano Europa “multi-velocità” o a “geometria variabile”? O stavano applaudendo il loro approccio “business as usual” a tutte le crisi – un approccio che ha fomentato le fiamme del nazionalismo xenofobo in tutta l'Unione Europea?

Anche gli irriducibili filo-europei hanno ammesso che la riunione di Roma è sembrata più come una veglia funebre che come un party. Pochi giorni dopo, la prima ministra britannica, Theresa May ha spedito la sua lettera alla Ue per avviare formalmente la lenta ma irreversibile uscita del Regno Unito.

L'establishment liberale a Londra e in giro per il continente è inorridito da come il populismi stia spaccando l'Europa. Come i Borboni, non hanno imparato e non hanno dimenticato niente. Mai una volta si sono fermati per una auto-riflessione critica e ora fingono di essere scossi al gap di legittimità e la passione anti-establishment che minaccia lo status quo e, di conseguenza, la loro autorità.

Nel 2015 ho spesso avvertito i creditori della Grecia - la creme de la creme dell'establishment liberale internazionale (Fmi, Commissione europea, Bce, dirigenti tedeschi e francesi ecc) - che strangolare il nostro nuovo governo nella culla non era nel loro interesse. Se la nostra sfida progressista europeista alla servitù permanente del debito fosse stata soffocata, dissi loro, l'approfondirsi della crisi avrebbe prodotto un'ondata xenofoba, illiberale, anti-europea non solo in Grecia ma in tutto il continente.

Come giganti spericolati, non hanno dato ascolto ai presagi. La breve ribellione dei greci contro la depressione permanente è stata rudemente soffocata nell'estate 2015. E' stato un colpo di stato di tipo moderno: le istituzioni Ue hanno usato le banche e non i carri armati.

La versione ufficiale di questi eventi era che l'Ue era obbligata a intervenire per costringere una popolazione ribelle a tornare sul percorso della rettitudine fiscale e delle riforme strutturali. In realtà, la principale preoccupazione del colpo di stato dei leaders è stata quella di evitare di ammettere ciò che avevano fatto a partire del 2010: prolungare nel futuro una bancarotta generalizzata costringendo la Grecia ad accettare nuovi prestiti finanziati dai contribuenti europei, condizionato a una sempre più grande austerità che poteva solo ridurre ulteriormente il reddito nazionale greco.

Il solo modo per continuare a fare la stessa cosa nel 2015 e oltre, tuttavia, è stato quello di spingere la Grecia in una insolvenza ancora maggiore. E questo ha richiesto che la nostra primavera greca fosse schiacciata.

E' interessante che il documento di resa cui è stato costretto il primo ministro greco e approvato dal Parlamento, era costruito come se fosse stato scritto su richiesta delle autorità greche. Come i leaders cecoslovacchi nel 1968, costretti dal Cremlino a firmare una lettera che invitava il Patto di Varsavia a invadere il loro paese, alla vittima è stato richiesto di pretendere la sua punizione. L'Ue stava solo gentilmente rispondendo a questa richiesta. La Grecia ha sperimentato collettivamente il trattamento che i poveri della Gran Bretagna ricevono quando chiedono i benefits ai Job Centers, in cui devono accettare la responsabilità della loro umiliazione affermando paternalistiche frasi fatte come "i miei soli limiti sono quelli che mi sono dato".

Questa apertura punitiva da parte dell'establishment europeo è stata accompagnata dalla perdita di auto-contenimento. Come ministro delle finanze greco, all'inizio del 2015, ho saputo che le retribuzioni del presidente, amministratore delegato e dei membri del board di un'istituzione pubblica (l'Helleinic Stability Facility) erano stratosferici. Per economizzare ma anche per ripristinare la giustizia, ho annunciato un taglio delle retribuzioni intorno al 40%, che rifletteva la riduzione media delle retribuzioni in tutta la Grecia fin dall'inizio del 2010.

L'Ue, normalmente tesa a ridurre gli esborsi del mio ministero per salari e pensioni, non ha esattamente sposato la mia decisione. La Commissione Europea ha chiesto che la rovesciassi: dopo tutto, queste retribuzioni riguardavano funzionari scelti dai burocrati dell'Ue - persone che considerano dei loro. Dopo che l'Ue ha costretto alla sottomissione il nostro governo e dopo la mia conseguente dimissione, quelle retribuzioni sono state aumentate fino al 71% - la retribuzione annuale del Ceo è arrivata a 220.000 euro.

Nello stesso mese, i pensionati che ricevevano 300 euro al mese avrebbero visto le loro pensioni tagliate fino a 100 euro. Una volta, le caratteristiche che definivano un progetto liberale erano, nelle eccitanti parole di J.F.Kennedy, "essere pronti a pagare qualsiasi prezzo, a sostenere qualsiasi onere, affrontare qualsiasi difficoltà, sostenere tutti gli amici, opporsi a qualsiasi avversario per assicurare la sopravvivenza e il successo della libertà". Persino i neo-liberisti come Ronald Reagan e Margaret Thatcher si sono battuti per conquistare cuori e cervelli, per convincere la classe lavoratrice che i tagli delle tasse e la deregolamentazione erano nel loro interesse.

Ahimè, a seguito della crisi economica europea, qualcosa di diverso dal liberalismo o persino dal neo-liberismo ha conquistato il nostro establishment, apparentemente senza che nessuno lo notasse. L'Europa ha ora un establishment altamente illiberale che non cerca neppure di conquistare la popolazione.

La Grecia è stata solo l'inizio. La repressione della Primavera greca nel 2015 ha portato il partito di sinistra, Podemos, a perdere la sua spinta in Spagna; non ci sono dubbi che i suoi potenziali elettori temessero esiti simili al nostro. E avendo osservato il cinico disprezzo per la democrazia in Grecia, Spagna e altrove, molti sostenitori del Labour Party britannico hanno votato per la Brexit che, a sua volta ha spinto Trump, il cui trionfo negli Usa ha gonfiato le vele dei nazionalisti xenofobi in tutta Europa e nel mondo.

Ora che il cosiddetto establishment liberale sta avvertendo le intolleranti ripercussioni nazionaliste che è stato proprio il suo illiberalismo a causare, sta rispondendo un po' come il proverbiale parricida che si appella alla clemenza della corte perché adesso è un orfano. E' tempo di dire alle elites dell'Europa che devono prendersela solo con se stesse. Ed è tempo per i progressisti di unire le forze e di rivendicare una democrazia europea da un establishment che ha perso la sua strada e ha messo a repentaglio l'unità europea.

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