Ali Rashid se n'è andato oggi, per sempre. Una dolorosa notizia che mi ha dato tra le lacrime Sveva, un'altra compagna della Fiom, sua cara amica.
Insieme al dolore per la sua morte, quello per l'annichilimento della Palestina, che forse l'ha provocata; delle stragi di bambini, oggi ancora una, a Gaza, sotto le bombe. Il suo cuore, già malato, non ha retto alla sofferenza per la sua terra, la sua gente, i massacri, nell'immobilità e il silenzio o il balbettio del nostro paese e del mondo.
Insieme al dolore riaffiorano i ricordi: è stato Ali che negli anni 80 mi ha introdotto alla Palestina, ed è cominciato in quegli anni un rapporto stretto con la Fiom. Lo invitavamo ad iniziative e congressi, dove spiegava con chiarezza e misurata passione a delegate e delegati la situazione della Palestina, le sue cause, la sua aspirazione alla libertà e a uno Stato laico e democratico, con pari diritti per tutti. Dal 1987, anno di inizio della prima Intifada, era il primo Segretario generale della Delegazione Palestinese in Italia. Ali, giornalista, deputato, era un uomo appassionato, colto, innamorato della sua terra e della sua cultura. Ricordo che per una raccolta fondi aveva preparato una cartella di disegni di artisti, col nome di "Khufia".
Grazie ad Ali andai a visitare quel meraviglioso villaggio del 1948 da cui la famiglia era stata cacciata, e dove qualche volta era tornato, Lifta, in Cisgiordania, oggi quasi intatto, che gli israeliani vogliono trasformare in riserva naturale con resort. Abbiamo partecipato insieme negli anni 2000, al tempo della seconda intifada, a molte iniziative di solidarietà con la Palestina, lui come presidente del movimento Palestinesi per cultura e democrazia, io per la Fiom.
Negli ultimi due anni dopo un periodo lungo di malattia, aveva ripreso il suo attivismo, la sua riflessione, disperata, ma sempre attenta a quello che accadeva in Palestina, ed anche a piccoli segni positivi nel mondo ebraico, come la manifestazione degli ebrei democratici americani
Non dimentichiamo le sue parole in uno dei suoi ultimi articoli, "La storia non inizia il 7 Ottobre. Gran parte di Gaza fu distrutta durante l’operazione militare 'piombo fuso' del 2008 e le successive tre guerre israeliane. Le rovine sono ancora li perché Israele non permette l’ingresso del materiale edile necessario per la costruzione (…) Quando uno di loro [a Gaza] si affaccia alla finestra e guarda oltre il recinto, per sfuggire all’opprimente realtà, rivede il racconto mille volte ripetute di quello che un tempo eravamo, e non gli resta che il suo corpo, la carne viva contro un confine inventato, contro lo sbarramento di fuoco dei cecchini, nella speranza che qualcuno possa raccogliere questo grido di dolore contro l’occupazione, l’ingiustizia, il disprezzo come oggettiva narrazione che nobilita il sopruso e che agli occhi dei palestinesi non è che la Nakba. La catastrofe. Riguarda l’antica storia come la quotidianità del vivere, stravolgendo cosi la verità. Cosi i neonati di Gaza morti per interruzione della corrente elettrica, diventano effetto collaterale inevitabile, e così la distruzione di una intera città, la pulizia etnica, persino il genocidio diventano il diritto d’Israele all’autodifesa, sostenuto anche dal governo italiano.”
di Alessandra Mecozzi – 14 maggio 2025
foto di Gianni Capaldi, XXII Congresso nazionale della Fiom-Cgil, 22-25 gennaio 2002, da sinistra a destra: Marcello Malentacchi, Zvi Schuldiner, Alessandra Mecozzi, Ali Rashid, Claudio Sabattini