Fincantieri: sicurezza sul lavoro e modello produttivo scelto dall'azienda, questo e' il problema!

Stampa

 

Dopo l'incidente mortale dello scorso 9 maggio a Monfalcone, in cui ha perso la vita un lavoratore di 19 anni di una ditta in appalto, l'A.D. di Fincantieri ha scritto una lettera a tutti i lavoratori dando rassicurazioni sulla diminuzione del numero di incidenti e sull'attenzione estrema dell'azienda sul tema, arrivando fino al punto di richiedere di denunciare direttamente a lui eventuali richieste o pressioni sullo svolgere attività a rischio, da parte dei responsabili aziendali.

Nello stesso giorno però, ha avuto il cattivo gusto di lamentarsi dei risarcimenti per l'amianto pagati da Fincantieri (altri morti sul lavoro), perché abbassavano la distribuzione degli utili agli azionisti. Una rappresentazione evidente di quanto il problema della sicurezza e delle morti sul lavoro sia sentito si ma fino a quando non entra in conflitto con i numeri attesi dagli azionisti, la vera filosofia aziendale da qualche anno a questa parte.

Fincantieri oggi vive un successo straordinario che poggia da un lato sull'investimento pubblico (legge navale) che nel peggior periodo dell'azienda ha dato l'opportunità di avere attività e marginalità, dall'altro sulla grande capacità e professionalità di tutti i lavoratori, vero fiore all'occhiello che tutto il mondo ci invidia e che gli armatori conoscono bene (infatti pretendono la costruzione nei cantieri italiani delle loro navi).

Su queste basi però l'azienda ha costruito un modello produttivo tutto incentrato sull'abbattimento dei costi a partire da quello del lavoro e della sicurezza, andando ad esternalizzare la massima parte del processo di costruzione delle navi. E' talmente evidente che oggi in alcuni cantieri entrano 1.500 dipendenti Fincantieri e 8.000 degli appalti di circa 450 aziende.

Quando i responsabili aziendali fanno pressioni per svolgere attività a prescindere dalla possibile esposizione dei lavoratori a condizioni di rischio (cosa che avviene quotidianamente) sbagliano e lo fanno rispondendo a questa impostazione di Fincantieri: ridurre i costi, ridurre i tempi, ridurre le denunce e le lamentele.

In questo contesto è evidente quindi che l'abbassamento del numero degli infortuni comunicato dall'azienda, risente dello spostamento delle attività verso l'appalto e delle pressioni per evitare di denunciare gli infortuni e gli incidenti meno gravi.

I protocolli fatti in solitaria dall'azienda con il Ministero dell'Interno sono stati un fallimento e nessuno quando si parla di sicurezza è immune da responsabilità ma se si vuole affrontare il tema seriamente è necessario ripartire dal modello produttivo e da li cercare di operare affinché gli incidenti e i rischi siano una fatalità imponderabile e non tragica quotidianità.

Anche l'arretratezza delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature sono un ulteriore fattore di rischio per i lavoratori, condizionato da questa organizzazione tutta incentrata sulla riduzione dei costi.

Solo cambiando l'impostazione di Fincantieri si possono determinare condizioni di maggiore sicurezza e passare così da un rispetto in parte formale dei criteri di sicurezza ad uno sostanziale che metta al centro il lavoratore e la sua integrità.

Proporremo un incontro urgente sul tema per affrontare la situazione ed il contesto produttivo, crediamo infine utile coinvolgere le istituzioni a tutti i livelli in considerazione della proprietà pubblica di Fincantieri.

Fiom Nazionale

Coordinamento nazionale Fiom Fincantieri

Roma, 24 maggio 2018