Lotta alla povertà o beneficenza?

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Analizzando finalmente il testo della Legge di Stabilità è possibile fare qualche considerazione in merito alle misure di contrasto alla povertà, tanto sbandierate dal governo Renzi in queste settimane. Al Titolo III del testo, infatti, vengono illustrate le “Misure per il disagio”. Provando a schematizzare brevemente queste misure in una tabella, possiamo provare a fare alcune riflessioni.

Il nuovo stanziamento per il 2016 è quantificato in 600 milioni così suddivisi: 380 milioni di euro per il finanziamento della Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) e ulteriori 220 milioni per l'Asdi (Assegno di disoccupazione); mentre per il 2017 lo stanziamento in Legge di Stabilità ammonta a 1 miliardo.
A questi fondi saranno sommati diversi finanziamenti già approvati in provvedimenti passati: il vecchio fondo disoccupazione CoCoCo e CoCoPro, i fondi precedenti per l’Asdi, alcuni finanziamenti Sia per il mezzogiorno e i vecchi finanziamenti per la Social card (carta acquisti).

Per quanto riguarda i criteri con i quali verranno erogati i fondi, dal testo attualmente disponibile non si evince ancora molto, tranne la non meglio specificata locuzione “garantendo in via prioritaria interventi per nuclei familiari con figli minori” e le linee guida presentate a luglio dal ministro Poletti, ovvero la priorità per i nuclei familiari con un Isee inferiore a 3.000 euro. Pertanto, rispetto all’elemento più importante da analizzare in questi casi, ossia quello condizionalità dei suoi criteri, sarà necessario aspettare il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, che verrà emanato entro trenta giorni dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità. Solo col suddetto decreto sarà possibile comprendere i criteri di accesso alla misura e la potenziale platea dei beneficiari.

Un elemento che andrebbe meglio analizzato è quello al comma 6 nel quale si istituisce un fondo denominato “Fondo per il contrasto della povertà educativa”, alimentato mediante riassegnazione dei versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie, in cambio una riduzione fiscale. Concretamente lo Stato riconoscerà un credito d’imposta pari al 75% del versamento effettuato alle fondazioni bancarie che finanzieranno determinati progetti di rivolti, in particolare, ai minori in condizione di povertà.

A questo punto proviamo ad esprimere alcune considerazioni conclusive sul testo in esame.
Anzitutto è molto probabile che le risorse non saranno sufficienti giacché, come ricordato da Massimo Baldini su LaVoce.info, prendendo in considerazione i 750 milioni totali destinati al Sia (380 milioni + 370 milioni già stanziati) e circoscrivendo l’ipotetica platea di beneficiari a 600.000 famiglie in povertà con figli minori, si ottengono 1.250 euro all’anno per ogni nucleo.

Il finanziamento complessivo di un miliardo e mezzo, inoltre, benché accompagnato da una ridestinazione di risorse già stanziate, risulta ugualmente una cifra insufficiente, se paragonata tanto alla Proposta Reis dell’Alleanza contro la povertà (7 miliardi complessivi contro la povertà assoluta), quanto alle proposte di reddito minimo/di cittadinanza di Sinistra Ecologia e Libertà e del Movimento 5 Stelle (14,5 miliardi la prima e 20 miliardi la seconda, secondo stime Istat).

A dispetto degli annunci del governo, siamo di fronte all’ennesima misura spot, disorganica e retta dalla sommatoria di stanziamenti diversi per diverse destinazioni, l’ennesima misura emergenziale che non si pone nemmeno fino in fondo l’obiettivo annunciato di ridurre drasticamente la povertà assoluta. Appare del tutto evidente l'impossibilità di configurarla come una misura di reddito minimo, essendo gli stanziamenti assolutamente insufficienti persino a coprire l’intera platea di persone in condizione di povertà assoluta, figuriamoci quelle in povertà relativa, compresi disoccupati, inoccupati, Neet e working poors. Rispetto a questo tema l’Italia continua a rimanere drammaticamente indietro rispetto al resto d'Europa, continuando ad essere l'unico paese insieme alla Grecia ad non aver mai previsto delle forme di sostegno del reddito.

Il credito d’imposta alle fondazioni, nascosto tra le pieghe di questa legge, inoltre, la dice invece lunga su come il governo non consideri minimamente la lotta alla povertà all’interno di un ragionamento più ampio sulle politiche di redistribuzione. Anziché predisporre misure che reperiscano risorse pubbliche dai redditi più alti o dai gradi patrimoni, ci si preoccupa di “favorire progetti di generosità” delle fondazioni bancarie, in un’ottica in cui il welfare sembra sempre più spostato sul terreno della beneficenza e sempre meno su quello dei diritti sociali.

*Sbilaciamoci.info

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