I metalmeccanici scioperano per cambiare radicalmente strada

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Oggi – al nord – e lunedì – al centro sud – i metalmeccanici scioperano. Quattro ore di lotta indette unitariamente da Fim, Fiom e Uilm. È uno sciopero di avvertimento, al governo e al sistema delle imprese, di fronte all’assenza di una politica industriale che dura ormai da molti anni, perché la situazione industriale del nostro Paese – di cui la metalmeccanica è parte essenziale – rischia di portarci a un punto di non ritorno.

Da decenni siamo senza un’idea e un progetto di politiche industriali e così stiamo tornando indietro, le aziende perdono in competenze e competitività, i lavoratori in reddito e occupazione. Oggi queste assenze risultano ancor più gravi di fronte alle grandi trasformazioni tecnologiche e alla necessaria transizione ecologica che portano con sé una sfida cui rischiamo di arrivare impreparati.

Servono scelte politiche e industriali per far sì che i cambiamenti diventino un programma di ricerca, progettazione, sviluppo e produzione contrattata tra Governo, imprese e lavoratori.

Noi vogliamo promuovere l’occupazione: innanzitutto trovando una soluzione positiva alle tante crisi aziendali ancora aperte; e, contemporaneamente, rilanciando gli investimenti per far sì che l’Italia diventi un Paese industriale all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e ambientale, per una qualità sostenibile della vita e del lavoro, l’esatto contrario del modello liberista oggi dominate. Non vogliamo più essere un Paese che si illude di competere sul lavoro povero, la precarietà e il saccheggio delle risorse umane e naturali, gli appalti al massimo ribasso, le morti sul lavoro. Governo e imprese devono convincersi che non possiamo più essere tutto questo, se vogliamo avere un futuro.

I metalmeccanici stanno lottando, scioperando per fermare la dismissione a partire dal Mezzogiorno e contrattare la transizione. Come stanno facendo i lavoratori dall’ex Ilva e di Piombino nel settore della siderurgia, gli operai della ex GKN salendo sulla torre a Firenze, i lavoratori di Stellantis percorrendo migliaia di Km per raggiungere Poissy e manifestare presso l’head quarter, i lavoratori di Industria Italiana Autobus e delle telecomunicazioni organizzando presidi sotto il Mimit, e i lavoratori di Wartsila di Trieste ancora in attesa di un progetto di reindustrializzazione.

L’aumento del costo dell’energia, del denaro, dell’inflazione rischia di impoverire, attraverso i lavoratori, l’intero Paese. Questo mette a rischio la nostra sovranità: attraverso il nostro sciopero vogliamo poter decidere la società in cui vivranno le generazioni future.

È necessario cambiare un modello economico che colpisce la madre Terra e la stessa umanità e genera instabilità e guerra.

L’avvertimento che mandiamo all’Europa, al governo e alle imprese è che senza la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori non è possibile nessuna transizione positiva. Il lavoro nell’industria metalmeccanica e impiantistica è da sempre centrale per l’economia del nostro Paese e deve diventare l’elemento propulsore del suo futuro a partire dal superamento della precarietà, dello sfruttamento negli appalti e nei subappalti attraverso una politica di rigenerazione, che permetta quindi a chi ha visto allungarsi l’età pensionabile di poter finalmente andare in pensione. Una rigenerazione di genere e generazionale del lavoro nell’industria metalmeccanica.

La lotta contro il declino industriale e per la dignità del lavoro è indispensabile anche per tutelare i redditi, migliorare il potere d’acquisto dei salari eroso dall’inflazione, cancellare la piaga di retribuzioni sotto la soglia di povertà. A partire dal ruolo del contratto nazionale i cui aumenti vanno detassati, fino a una legge sul salario minimo e sulla rappresentanza sindacale per combattere i contratti pirata e garantire a tutte le persone che lavorano un reddito dignitoso. A tal fine le risorse del PNRR devono essere indirizzate anche alla crescita dell’occupazione, soprattutto di donne e giovani, in particolare al Sud che ogni giorno viene abbandonato da migliaia di ragazze e ragazzi costretti ad emigrare per essere protagonisti del loro domani.

Il futuro dell’Europa e del nostro Paese dipende in buona parte dalla sorte del lavoro industriale, dallo spazio che le lavoratrici e i lavoratori avranno nella transizione che abbiamo davanti: oltre che un avvertimento è un consiglio che conviene ascoltare.

Articolo di Michele De Palma pubblicato su "Il Manifesto" del 7 luglio 2023

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